À la guerre comme à la guerre

Quello che manca. Quello che non c’è più. Quello che c’era. Quello che resta. Nulla sfugge all’occhio (e al cervello) di Lorenzo Pacini. Nulla resta immune al suo impietoso senso critico (e autocritico), a quel finto cinismo dietro al quale si trincerano tutte le sue umanissime preoccupazioni, i suoi dubbi, i suoi accorati (direi disperati e disperanti) appelli alla società tutta. E la domanda è una sola: ma dove stiamo andando? À la guerre comme à la guerre, dicono i francesi. Avanti signori: senza preoccupazioni. Ogni situazione va accettata per quella che è. E nei momenti di crisi, poi, non ne parliamo! Il fine giustifica i mezzi. Si fa di necessità virtù e tutto è lecito.

Ne siamo quasi convinti, a volte. Tutti: anche chi è più attento, anche chi fa caso alle cose che non vanno… Tutti ogni tanto ci caschiamo e tolleriamo, scendiamo a patti, accettiamo consenzienti anche ciò che accettare non si può, crediamo anche all’assurdo, novelli Pinocchi nella trappola del Gatto e la Volpe, Vispe Terese a caccia di farfalle, e magari – anche solo per un attimo, anche con un pensiero fuggevole – pensiamo che tutto sommato si potrebbe provare ad annaffiare la pianta delle monete d’oro, che poi chissà… in fondo mai dire mai.