Frammenti di conversazione (gioco, morte, amore e libertà)

Claudio Pescio / Lorenzo Pacini

Le prime cose che ho notato nei lavori di Lorenzo Pacini sono la molteplicità delle tecniche, la varietà dello stile e la libertà espressiva. Rintracciare una logica in un labirinto di immagini che funziona come un caleidoscopio, con continui passaggi di linguaggio, di tecniche, di approcci e un continuo alternarsi di soggetti diversi – che appaiono, scompaiono, poi tornano – è un lavoro complesso. Abbiamo deciso di farlo in due: chi scrive e l’artista. Disegnare un ordine richiede la costruzione di uno schema; di una più o meno regolare serie di contenitori in cui collocare oggetti sparsi, idee apparentemente casuali e scollegate cui dare senso. E poi chiede di tracciare un reticolo di sentieri che uniscano i contenitori fra di loro. Sullo sfondo e tutto attorno, come un paesaggio, le Idee, i Modelli, i Significati. Queste righe rappresentano un primo tentativo di inquadrare opere che continuavano a sfuggire da tutte le parti nonostante lo sforzo di mettere l’artista con le spalle al muro delle sue responsabiltà creative. Ma più che la definizione di un punto di arrivo quel che importa qui sono le riflessioni emerse lungo il cammino.

Eccole.

Anzitutto, di cosa parliamo. Dipinti, sculture, disegni. Opere saldamente ancorate su una base figurativa, con qualche scheletro nell’armadio di provenienza mitteleuropea, tra Schiele e Lucian Freud. Con un piede nell’iperrealismo, in una versione tendenzialmente espressionista. Ogni tanto segni più scarni e lineari arrivano a contraddire la scelta stilistica prevalente, in totale antitesi rispetto alle pennellate piene e marcatamente realiste del resto della produzione. Volti, specchi, tensioni, tagli strettissimi di corpi nudi, lembi di pelle, mani che si stringono, carcasse di automobili lasciate ad arrugginire in un campo, radiografie, teschi e scheletriche gabbie toraciche, nani da giardino che piangono, osceni bambolotti, legioni di Zorro mascherati e disegni infantili intrecciati in maniera inestricabile a disegni adulti. Serie diverse con caratteristiche grafiche, soggetti e tecniche differenti: i Disegni blu, le PiovreVillage PeopleMacchine morte… Tutte compresenti nel lavoro di Lorenzo Pacini. Come strumenti diversi da suonare a seconda del tipo di musica che si vuole ottenere. Anche l’alternarsi di pittura e scultura corrisponde alla necessità di dare vita a visioni ma anche, quando serve, a sensazioni fisiche tridimensionali. Oggi convivono e coesistono progetti aperti dove trovano posto idee, soggetti, concetti diversi, che vengono collocati in una serie o in un’altra a seconda dei casi.

Buona parte dei lavori di Pacini nasce da un accostamento casuale di oggetti, idee, parole. Alla base, come un punto di partenza, c’è spesso il gioco di parole che cattura per un attimo la tua attenzione, fino a portarti a interrogarti sui meccanismi che lo governano. È qui che un’immagine inizia a prendere forma, come se una visione ti aprisse mondi nuovi di conoscenza. L’arte è strumento di analisi. Fa intervenire un linguaggio finalmente appropriato là dove gli altri linguaggi si sono fermati, incapaci di andare oltre in una descrizione, o in una comprensione. E ti mette in relazione con coloro – pochi o tantissimi – che partecipano della stessa comunità linguistica.
Partire dal gioco significa mettersi in gioco, anche. Significa accettare di esserne parte, praticando una sorta di esibizionismo controllato, intimo e per pochi intimi, potremmo definirla una forma pudica di esibizionismo, una variante che prevede l’esposizione ragionata di porzioni di anima a fini strettamente poetici. A questo servono il gioco e l’ironia presenti in serie come Village People, per esempio, a mostrare il mondo per quel che a volte è, dietro i travestimenti: soldatoni che giocano alla guerra, bambole crudeli.

La creatività subentra al gioco iniziale mettendo in campo la testa e le mani. La manualità è una componente essenziale e ineliminabile. Ogni immagine viene costruita con pazienza e cura estrema. Particolare per particolare. La presenza di imperfezioni non cancella la possibilità di una bellezza: il segno di un elastico sulla pelle, una macchia sulle mutande, misteriose gocce colorate su una lastra radiografica, tracce di ruggine su una carrozzeria. Stanno lì a segnalare la presenza del male, e ad anticipare l’inevitabile fine di tutto. La morte. Una presenza costante, che il gioco e l’ironia servono a tenere a bada finché è possibile. Esemplare, in questo senso, Alt Alena (una scultura ancora allo stadio di disegno progettuale). Ancora una volta il punto di partenza è un calembour verbale, che nella visualizzazione diviene un volo di altalena fissato al suo culmine: il punto più alto, forse il  migliore, ma anche l’ultimo raggiungibile. La morte è presente quasi sempre, in queste opere, ma non è un’ossessione. È semplicemente l’altro lato di tutto il resto. L’arte aiuta a trovare un punto di equilibrio, uno scioglimento della tensione. Un altro progetto di scultura, Né mezzo pieno, né mezzo vuoto,  viene a darci un aiuto chiarificatore: un bicchiere su un tavolo inclinato; il contenuto è sul punto di traboccare, eppure tutto appare in equilibrio. L’equilibrio, il piacere, la felicità non sempre nascono da un ordinato sistemarsi delle cose, spesso è necessario aprire dei vuoti perché si creino dei pieni, serve creare una tensione perché tutto si appiani. Si torna quindi a ciò che appare imperfetto, nudo, teso, forse malato ma proprio per questo umano e condivisibile. Come una traccia di cedimento che non rivela debolezza ma paradossalmente forza e vitalità, una gioia di vivere che va al di là delle apparenze transitorie.

Chi ci accompagna nella ricerca è l’arte. Il suo ruolo è proprio questo. E l’artista è uno sciamano laico. Dobbiamo arrivare a vedere la strada superando le contraddizioni in cui ci muoviamo, liberando i nostri sguardi dalla nebbia. Nella serie Piovre sono le mani a cercare in ogni modo di farci capire indirizzando i nostri sguardi. In Guàrdati, veloce tra i due sguardi che si incrociano allo specchio c’è una frazione di tempo infinitesimale di scarto: come ti vedi sei già passato. Trasparenti (in molti sensi) sono le radiografie, umane e animali: guardi dentro e sai come sei, macchie comprese. Sono un artista, sono qui per questo. E quando non basta si può ricorrere allo sciamano per eccellenza, al candore rivelatore, allo sguardo primordiale e alla mano infallibile del Bambino. La serie dei Disegni bluè realizzata da Lorenzo Pacini con la figlia Camilla Blu, una bimba, appunto. Si tratta di disegni di bambina su cui l’artista reinterviene o viceversa, oppure di restituzioni da parte di mano adulta di tracciati infantili. E qui la magia  occupa stabilmente il campo: pesci stesi ad asciugare con le mollette del bucato, mostri della neve, uomini e maiali con nomenclatura dei pezzi del corpo, piante di fagiolo incinte. Il tutto in una voluta indistinzione creativa: chi ha fatto cosa? E che importa? Quelle immagini sono lì per noi, approfittiamo del loro evanescente passaggio attraverso le nostre vite: cosa c’è di più transitorio dell’infanzia? Quanto dura il miracolo di non essere ancora adulti, adulti per sempre?

La poesia è nel contrasto tra cose diverse fra loro, o anche nel contrasto tra aspetti diversi della stessa cosa. Il mondo, perfino nei suoi aspetti più apparentemente sgradevoli, se sai guardarlo, comunica con te proprio sul piano della poesia. E l’artista sa guardare (Pacini dice che l’artista ha venti decimi di vista); blocca un istante e te lo mostra, proponendo un’interpretazione di quel mondo. A volte lo fa smantellando letteralmente la struttura complessa del nostro essere, riducendola a comunicazione elementare del senso della vita. È il caso di Come se fosse andato e tornato e di tutta la serie cui questa scultura appartiene: scheletriche gabbie toraciche abitate da pettirossi capaci di uscire dalla gabbia (ma che non rinunciano a rientrarvi) e da cuori gonfi d’amore. Se è l’amore che vuoi, guardalo per quello che è: una gabbia di cui non riesci a fare a meno.

Jean Blanchaert

Jean Blanchaert

Philippe Daverio

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Federica Chezzi

Federica Chezzi

Gianni Papi

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Simona Bartolena

Simona Bartolena

Francesca Barberotti

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Aurelia Nicolosi

Aurelia Nicolosi

Claudio Pescio

Claudio Pescio